La morte corre sul fiume

Una conversazione/lezione di Bruno Fornara sul capolavoro di Charles Laughton
La morte corre sul fiume
con Robert Mitchum e Shelley Winters – USA, 1955

“Quando una volta andavo al cinema, gli spettatori stavano ben seduti ai loro posti e fissavano lo schermo, dritto davanti a loro. Oggi, constato che il più delle volte hanno la testa piegata all’indietro, per poter meglio ingoiare popcorn e dolcetti. Vorrei fare in modo che riacquistassero la posizione verticale.”
Charles Laughton

La morte corre sul fiume possiede una natura plurima, fantastica e misteriosa. È un film che spinge all’esegesi e all’interpretazione. È un film su cui sono state svolte molte analisi. Eppure resta un’opera che, per ammissione degli stessi critici che l’hanno analizzata, conserva interrogativi e misteri: per dirla con un’espressione che richiama uno dei punti chiave della sua messinscena, è un film in cui restano molte zone d’ombra. Anche dopo analisi e interpretazioni, La morte corre sul fiume continua a riproporsi con un fascino cui è difficile sottrarsi, tanto che spesso ermeneuti ed esegeti confessano di essere stati portati a deporre gli strumenti della critica per lasciarsi andare alla meraviglia che ci prende quando John e Pearl discendono il fiume.

Bruno Fornara, «Charles Laughton. La morte corre sul fiume», Lindau, Torino 1998

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